Casertavecchia: emozioni, mistero, magia e meraviglia
A pelle si sentono delle cose a cui le parole non sanno dare il nome. Alda Merini
In un pomeriggio di fine ottobre, il borgo medievale di Casertavecchia ha accolto me e la mamma donandoci momenti speciali, tra vecchi ricordi e tante speranze.
Tanta storia e tante storie
Un luogo affascinante e misterioso che si trova sul pendio del Monte Virgo ed è circondato dai Monti Tifatini.
Un monaco benedettino, nei suoi scritti, racconta che già nell’861 d.C. esisteva un nucleo abitato chiamato Casa Hirta che significa villaggio in altura.
Il Borgo ha vissuto tante dominazioni, dai longobardi con i conti di Capua e di Caserta(Landolfo di Capua,Pandone il Rapace, Landolfo e poi Pandolfo, entrambi figli del Rapace), ai normanni e agli svevi.
Dopo l’arrivo dei saraceni e la distruzione dell’antica Capua, le genti di pianura e il clero trovarono in Casertavecchia un luogo sicuro dove rifugiarsi
La cattedrale, il castello e gli altri edifici furono costruiti nel periodo normanno svevo, nel quale il borgo visse un momento di grande splendore, anche politico con Riccardo di Lauro.
Con la successiva dominazione aragonese la popolazione scese in pianura e nel borgo rimasero il Vescovado e il seminario.
Con l’arrivo dei Borbone e la costruzione della Reggia di Caserta anche la sede vescovile venne trasferita.
Per un lungo periodo vi fu una progressiva decadenza e solo successivamente, il borgo, fu valorizzato dal punto di vista turistico e artistico anche grazie a Pier Paolo Pasolini che nel 1971 scelse di girarvi alcuni episodi del Decameron cinematografico lo mostrò in tutta la sua bellezza.
Oggi il borgo di Casertavecchia è nella lista dei monumenti nazionali italiani.
Tante sono le manifestazioni culturali e artistiche che si svolgono ogni anno, tra le quali “Settembre al Borgo”.
È ora di partire, vieni con noi!
Come due turiste curiose vogliamo guardare con occhi diversi e nuovi Casertavecchia e scoprire nuovi particolari.
Dista da Caserta circa undici km. Durante il viaggio mamma mi racconta del tempo in cui era giovane, di come vivevano il borgo e della semplicità che ancora oggi lo contraddistingue.
Mentre la radio passa “Valzer per un amore” di Fabrizio De Andrè, noi, cantando sulle sue note, arriviamo alle porte del paese dove c’è la Chiesetta di San Rocco, che sembra fargli da guardia.
Questa Chiesa viene aperta solo il 16 agosto, giorno in cui si festeggia il Santo.
Risale al XVII secolo. Colpisce la sua semplicità e l’affresco della Madonna sulla porta d’ingresso.
Per arrivare al centro, c’è una strada in salita contornata da alberi, la percorriamo a piedi e mentre osserviamo la natura che ci circonda, il vento ci scompiglia i capelli.
Passa un cane bianco che ci guarda come se volesse salutarci e continua poi per la sua strada: chissà forse governa le pecore che brucano su queste colline e sta tornando al suo lavoro.
“Dai mamma “, le dico, “facciamo qualche foto” e ridendo ci doniamo con naturalezza e senza filtri ad ogni scatto, cercando di cogliere la gioia che esplode da dentro.
Immaginare il Castello che fu
Scorgiamo la torre dei falchi e i resti del castello.
Ogni volta che ammiro un castello mi viene in mente l’incipit dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto
“Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese….”
e tutto mi fa sognare e viaggiare in quel tempo che fu.
Il castello risale all’861. Fu il Conte di Capua Pandone, il Rapace ad ordinarne la costruzione, ma solo con il dominio normanno svevo assunse le sembianze di un vero castello perché all’inizio era una fortezza.
C’erano quattro torri di avvistamento che lo rendevano sicuro contro le aggressioni e una torre alta 32 metri con un diametro di 10 circondata da un fossato che rendeva il rifugio inaccessibile. Per entrare nella torre c’erano due ponti levatoio e all’interno tre sale a circolo una sopra l’altra.
Purtroppo oggi rimane ben poco ed è un vero peccato.
Mi fermo un po’ ad osservare i ruderi e cerco di rimettere insieme i pezzi nella mia mente: doveva essere davvero bello.
Mamma mi chiama e ritorno alla realtà per proseguire verso la prima piazzola. È uno dei punti panoramici: da qui quando l’aria è tersa si vede il mare e l’isola di Capri.
Era da tanto tempo che non venivo quassù, avevo dimenticato cotanta bellezza nel luogo e nella visione di luoghi distanti che hai la sensazione di toccare.
Per le vie del borgo, camminiamo sui ciottoli che sanno di antico, un silenzio racconta uno stile di vita rallentato, dolce, dove ancora puoi godere delle persone, delle bellezze architettoniche che sembrano accoglierti, dei profumi della natura e delle delizie che nelle piccole case vengono preparate, e dei tuoi pensieri.
Ci sono botteghe artigianali, ristoranti, pizzerie e bar dove poter degustare le specialità del luogo, salate e dolci, posti molto caratteristici che rispecchiano il borgo e danno senso di familiarità, calore.
Ecco il Duomo
Seguendo la strada arriviamo alla Piazza Vescovado dove il Duomo si presenta in tutta la sua pura bellezza. È dedicato a San Michele Arcangelo, il santo guerriero protettore dei longobardi, e risale al 1129.
Il suo stile romanico campano con influssi provenienti dalla Sicilia e dalla tradizione paleocristiana, mi affascina.
È costruito in tufo grigio campano, una varietà che si lavora facilmente, molto usata in queste zone ma anche a Salerno e Capua.
Sulla facciata tre portali con sculture zoomorfe. La cupola un po’ nascosta presenta influssi siciliani.
All’interno tre navate divise da colonne provenienti da edifici romani.
Sulla sinistra una cappella del 300 dove sono custoditi gli affreschi originali e in una nicchia della chiesa troviamo la scultura di Maria Santissima Regina.
Tra la navata e il transetto c’è un affresco che rappresenta la Vergine con il Bambino: è d’influenza senese e risale al quattrocento.
Un pulpito barocco del 1600, decorato con mosaici, al centro della chiesa con cinque colonne di marmo con capitelli diversi.
Lasciando la chiesa, sulla sinistra, la fonte battesimale del IV secolo.
In questa Chiesa i miei genitori consacrarono il loro amore e un anno dopo nacqui io, che emozione.
La guardo attentamente e cerco di immaginare le sensazioni che provarono, i sogni, le speranze e soprattutto penso agli anni che hanno trascorso insieme.
Amori che durano così a lungo, oggi rappresentano l’eccezione e andrebbero raccontati.
Uscendo dal duomo, sulla sinistra si erge il campanile, alto 32 metri, caratterizzato da influssi gotici. Sulla torre c’è un’iscrizione dalla quale si evince che fu terminato al tempo di Federico II, intorno al 1234. Le sue bifore decorate, la cella campanaria ottagonale e le torrette angolari a forma di cilindro lo rendono particolare.
Nella piazza si può ammirare anche il palazzo Vescovile i cui archi e le finestre risalgono al 1300 e il seminario, dove oggi vive il parroco di Casertavecchia.
Poco distante dalla piazza la chiesa in stile gotico dell’Annunziata del 1300.
Ci beviamo un caffè?
Tornando ci fermiamo a prendere un caffè in un posto tipico. I tavoli e le sedie in legno, gli oggetti antichi sparsi tra le pareti e le mensole, le foto antiche e un piccolo camino decorato, fanno sentire aria di casa.
La proprietaria del bar è seduta e dipinge dei vasetti in creta, mi avvicino curiosa e le chiedo: “Cosa sono?”. Lei risponde: “Sono gli spiritelli”.
Gli spiritelli
Una leggenda narra di folletti che vivono tra le mura medievali del borgo e diffondono nell’aria polvere fatata di buona fortuna.
Questi spiritelli prendono corpo in cocci decorati a mano. Vengono rappresentati, da artisti del luogo, con espressioni buffe. Eccoli in foto con la loro aria, leggera, divertente e simpatica. Sono portatori di fortuna e prosperità e per questo motivo si usa inserire all’interno del vasetto un desiderio scritto.
Io l’ho fatto, ora tocca a te!
Mentre ci concediamo questo attimo di benessere e familiarità, mi colpisce una coppia seduta non lontano: si sussurrano parole d’amore e lui le dice: “e se ci sposassimo qui?”
E l’amore, in tutte le sue forme, si sparge nell’aria di questo posto misterioso e magico.
I momenti belli finiscono ma possono sempre ricominciare 😉
Il pomeriggio sta per terminare, sorridendo ci raccontiamo le emozioni vissute.
Quanto bene fa, al corpo e all’anima, una semplice passeggiata in un luogo lontano dallo stress, dai rumori e dallo smog della città. È come se i sensi si risvegliassero tutti.
Siamo sempre troppi impegnati e dimentichiamo di vivere di più il tempo che ci è concesso, soprattutto con chi amiamo.
Nei borghi il tempo rallenta e si allunga donandoti momenti di estremo benessere nei quali torni all’essenza e godi di tutti i piaceri della vita, dall’amore, al cibo, all’arte fino ad una semplice chiacchierata che arricchisce il nostro bagaglio esperenziale.
Vivere un borgo è vivere davvero, conoscere tradizioni, valori e tutto ciò che veramente conta, il resto è un riempitivo che toglie e non lascia nulla.
Lasciamo Casertavecchia con tanta voglia di tornare ma anche di andare a cercare nuovi borghi di cui innamorarci.
Ti abbraccio
Namastè
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Docente|Lawyer | Writer | Web Writer | SNIDer Social Network Influencer Designer | Social Media | Dreamer | Paesaggi Umani founder
Dopo aver conseguito un Master in Comunicazione d’Impresa presso l’Università di Siena lascia la professione, esercitata per 18 anni, per dedicarsi alle sue passioni: scrittura, lettura, viaggi, mondo del vino e del gusto e di tutto ciò che genera bellezza. Fonda il 10/10/2020 il mondo digitale di Paesaggi Umani dove scrive e racconta, attraverso le emozioni, le storie di sogni, esperienze di gusto, sapori, cucina e vino, bellezza, vita e di tutto ciò che è invisibile agli occhi.
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